domenica 6 marzo 2011

NONNO ASDRUBALE PRESENTA: LA BIBBIA- TRADOTTA E INTERPRETATA DALL'ILLUSTRE PROFESSORE GINKO B. LOBA


Nonno Asdrubale ha incontrato molte persone nel corso della sua lunghissima vita, ma una in particolare lo ha sempre affascinato, ed è quella che stiamo andando a scoprire: un professore tedesco che gli raccontò storie bizzarre sulla Bibbia, che ripubblicò affermando di averne trovato la copia originale.


Il professor Ginko B. Loba, italo-tedesco di origine, è tuttora docente di Teologia Moderna all’università di Berlino. Nel 1978 si reca a Gerusalemme per alcuni approfondimenti sul ruolo del Buon Samaritano nella società ai tempi di Cristo quando si ferma a visitare un sito archeologico poco distante dalla città. Gli scavatori dissotterrarono numerosi scrigni e il professor Loba ne trovò uno sotto ad un piccolo masso, e ritenendo di esserne diventato il legittimo proprietario lo portò con sé nella sua Berlino. Quando il professor Loba ebbe l’occasione di aprire lo scrigno- lo fece al ritorno dal viaggio per paura del Ministero dei Beni Culturali di Gerusalemme –vi trovò dentro un libro che pareva essere una diversa versione della Sacra bibbia che conosciamo. Appagato dalla scoperta, il professor Loba, esperto conoscitore dell’Aramaico antico e del Partenopeo moderno, si dedicò all’intera traduzione dell’opera e si prese la libertà di interpretarne i brani più oscuri. Il risultato è questa edizione totalmente inedita della Sacra Bibbia corredata con intarsi in oro falso a bordo pagina. Quello che ci si augura è che i lettori ne apprezzino l’originalità e l’importanza storica, senza badare troppo a incongruenze o quant’altro, perché come ha detto l’illustre professor Ginko B. Loba prima di pubblicare la sua ultima fatica letteraria ( per chi non lo sapesse il professor Loba ha pubblicato sempre presso la Buffagno Edizioni altre due opere: “ L’importanza della fede e 100 consigli utili per annientare la forfora” e “ Come riconoscere i peccati e farsi lo shampoo contemporaneamente” ): “ Ki zi lamenta lo faccio ink..” più qualche altra parola di senso a noi ignoto. Vi auguriamo una buona lettura e dedichiamo un saluto speciale al curatore di stampa, il monaco tibetano Jin Seng.


Genesi

La creazione del mondo


Al principio erano il caos, una pizzeria e due bar. Dio, stanco di passare l’eternità a giocare a rubamazzetto con Budda prese una manciata di materia cosmica e la lanciò attraverso l’infinito. La massa incandescente assunse forma sferica e liberò calore, raffreddandosi: fu così che venne creata la Terra. In seguito Budda copiò l’idea all’amico, ma non disponendo della materia cosmica e non essendo ancora stata inventata una drogheria in cui comprarla, dovette usare una fetta di gorgonzola e creò la Luna, ma fu un fallimento. In ogni caso Dio osservò la sua creazione e vide che era cosa buona. Il secondo giorno versò inavvertitamente la Ferrarelle che stava bevendo e inondò la terra: fu così che creò i fiumi e i mari. Per i laghi usò la San Gemini. E vide che era cosa buona. Il terzo giorno creò le foreste e tutto il regno vegetale togliendo la muffa della luna di gorgonzola e spalmandola sull’intero globo, in seguito dalla vegetazione primordiale si formarono alberi più complessi. Il quarto giorno vide che tutto intorno era buio, allora disse: “ Sia fatta la luce!” e creò l’Enel. Poi decretò che ci fossero dodici ore di luce e dodici ore di buio ogni giorno,e creò così lo scorrere del tempo. Vide che era cosa buona. Il quinto giorno chiamò un battaglione di angeli e allestì nell’alto dei cieli un’enorme cucina con tanti pentolini sui fornelli e ordinò di iniziare a creare le prime creature viventi. L’arcangelo Gabriele, che stava versando nel pentolino una dose di preparato per topo in busta della Cameo, chiese umilmente a Dio. “Ma non è che se facciamo gli animali liofilizzati poi vengono fuori male?”. Ma Dio rispose che era cosa buona. Gabriele notò che da oltre quattro giorni non ripeteva altro. Quando le creme di animali ottenute vennero messe negli stampini e furono fatte raffreddare l’Onnipotente li inviò sulla terra e popolò così il pianeta.
Il sesto giorno Dio si sentiva un po’ solo, così prese una manciata di fango e ci starnutì sopra: dopo pochi secondi dalla massa informe uscì una creatura alta un metro e quaranta, con i capelli radi, il riporto e una bella pancetta da birra, pur non essendo ancora stata creata la birra: era l’Uomo Medio. E Dio chiacchierò ore e ore con l’uomo, il primo uomo, che aveva chiamato Adamo; ma vide che l’uomo si sentiva incompleto e allora decise di donargli una compagna: lo sgramò di mazzate e lo fece svenire e mentre dormiva gli prelevò un testicolo per creare una creatura simile a lui, ma ottenne solo Emilio Fede. Dopo aver esiliato nella redazione di un TG da quattro soldi il suo primo fallimento prelevò una costola ad Adamo e vi soffiò sopra: fu così che nacque Eva. La dannazione dell’Uomo Medio. Il settimo giorno Dio si riposò e si dedicò alla sua collezione di francobolli rari, fumando la pipa e canticchiando “Do you believe in magic?” a squarciagola. Adamo ed Eva trascorrevano le giornate abbracciati a giocare nel rigoglioso giardino dell’Eden, completamente nudi, anche se Eva non aveva proprio una silhouette da top model e anzi aveva i capelli crespi con le doppie punte, era rotondetta e portava i baffi. Dio diede ad Adamo il compito di dare un nome ad ogni animale che era stato creato, così l’uomo si ritrovò subito a litigare con il leone, che si rifiutava categoricamente di farsi chiamare “pantegana”. Dopo aver capito che “Tigre dai denti a sciabola” non era il nome adatto per l’ermellino, Adamo lo chiamò con il nome che ha ancora oggi; fu però messo in difficoltà quando fu il turno dell’ornitorinco: “ E questo?!” chiese perplesso a Dio. Il Signore rispose imbarazzato: “ Avevo lasciato la papera sul fuoco troppo a lungo ed è uscito quello… sai, non mi sembrava carino scartarlo”. Adamo, che per natura conosceva una sola lingua, il greco antico, lo chiamò ornitorinco, per la sua somiglianza con un uccello rincoglionito. E la vita scorreva tranquilla nel paradiso terrestre, l’Uomo e la Donna erano liberi di camminare e di riposarsi sotto agli alberi che crescevano rigogliosi: c’erano ginepri e castagni grandi larghi quanto Giuliano Ferrara, peri nodosi e altissimi, carichi di frutti e poi alberi di limoni, ulivi e, al centro esatto del giardino dell’Eden, un melo enorme, con pomi rossi profumati e invitanti. Quando creò l’Uomo e la Donna, Dio fece loro un’unica raccomandazione: quella di non toccare i frutti del grande melo, poichè erano proibiti.
“ Voi uomini siete puri e gentili ora, ma se mangerete una di quelle mele succose, acquisirete la conoscenza di ogni cosa, bene o male, saprete cos’è la vergogna e il dolore e diventerete volgari e bestemmierete contro di Me: è tutto vero, pensate che Sgarbi ha cominciato così”. E con queste parole li ammonì.
Un giorno che passeggiavano felici si imbatterono nel sontuoso albero e Eva si fermò a guardarne i pomi rosseggianti, bramosa di assaggiarne anche solo un pezzettino; ma Adamo le tirò una pizza sul naso e la allontanò, tuttavia fu bloccato da un sibilo crescente: tra le fronde dell’alberò sbucò la testa di un essere tutto verde, viscido e con il muso allungato, con occhiali spessi e quadrati neri, che parlava con i rutti.
“ Sssalve, piccole creature. Io sssono il serpente Umberto, Pota! Tu” disse rivolgendosi a Eva, indicandola con una disgustosa zampetta di lucertola “ non hai fame? Mangia uno di questi frutti sssuccosi, pota! Mangiate prima che arrivino i terùn e i negher a prenderveli”.
Adamo era scettico, ma non riuscì a impedire a Eva di accettare una delle mele che le porgeva lo sboccato- e deficiente- animale. Sicchè, preso dalla curiosità, ne staccò un morso e gli rimase incastrato in gola; mentre Adamo cercava di sputare la mela sentì un impellente bisogno di coprire le sue pur esigue nudità e così fu per Eva, che in effetti se si copriva era meglio.
Adamo, sempre cianotico per via del boccone incastrato, si coprì davanti con una grossa foglia di fico e Eva lo imitò; all’improvviso il cielo si oscurò completamente e si addensarono sopra di loro nere nuvole minacciose e una voce tonante disse , rivolta ad Adamo:
“ Adamo! Perché ti nascondi? Esci fuori!”. Adamo ubbidì e uscì dal cumulo di letame in cui si era nascosto per paura di scatenare l’ira dell’onnipotente.
“ Signore non ti incazzare, ti prego…”
“ A parte che ti bastava un trifoglio per coprirti, ma comunque.. perché copri le tue nudità, e perché fai lo stesso Eva?”.
“ Signore” disse timorosamente Adamo “ ci vergognamo”.
“ Cosa?! Avete mangiato il frutto dell’Albero Proibito!”.
“ Sì, ma è stato chillu fetente del serpente a farcelo fare!”.
“ Ah, è così? Allora io condanno il serpente Umberto a diventare un disgustoso rettile strisciante, perché mo’ gli confisco le zampe”. E il serpente cadde dall’albero urlando qualcosa di infamante sui cinesi: non aveva più le zampe. “ Inoltre io ti condanno a reincarnarti nel corpo di un coglione umano ogni volta che morirai e sarai schernito da tutti, perché sarai sempre vestito di verde, anche a Natale e dirai cazzate razziste a un pubblico di idioti tuoi pari per l’eternità”. Il rettile strisciò via dal paradiso terrestre scoreggiando e Dio si rivolse irato a Adamo ed Eva:
“ Per aver disubbidito alla Mia legge e aver condannato la futura stirpe umana al dolore e alla sofferenza io condanno te, Uomo, e te, Donna, ad abbandonare il mio paradiso. Uomo, io ti condanno a guadagnarti il pane con il sudore della fronte, e non pensare di risolvere la faccenda facendo una sauna ogni volta che vuoi andare all‘Esselunga. E tu, Donna, sei condannata a seguire il tuo compagno e ti annuncio che partorirai con dolore”. E con un fulmine li scaraventò oltre il giardino, dove la terra era arida e brulla e dove camminavano i più feroci degli animali che Adamo aveva cacciato, perché violenti. Eva, che aveva capito di dover partire con dolore, pensava che una partenza intelligente alle tre del mattino il 14 di agosto non fosse poi così dolorosa. Fu meno contenta quando Dio le spiegò meglio la faccenda.
Così Adamo costruì una capanna con rami secchi e merda di lupo al posto della malta e effettivamente incollava bene, ma l’aria dentro non era poi tanto fresca; dietro alla capanna lavorò con grande sforzo la terra brulla e riuscì a ricavarne un bell’orto, nel quale si spaccava la schiena per tutto il giorno allo scopo di ottenere due fagioli messi in croce.
Un giorno Adamo sentì il bisogno di “conoscere” sua moglie, ma aveva le idee confuse in fatto di sesso e la prima volta che ebbe a che fare con l’argomento in senso pratico combinò un pasticcio: non aveva capito bene cosa doveva fare e Eva restò delusa, ma dopo il fatto una delle femmine dei lupi che vivevano lì vicino continuava a guardare Adamo con un buffo sorrisetto malizioso. Fu così che nacquero Romolo e Remo, ma questo non c’entra con la nostra storia.
Alla fine Adamo riuscì a conoscere Eva e la mise incinta e dopo quaranta mesi ( al tempo le cose erano un po’ più complicate, poi Dio si accorse di aver esagerato con la punizione e ridusse i mesi a nove ) nacquero due bellissimi gemelli: Caino e Abele. Il primo era piccolo e rachitico, con brutti capelli neri e l’altro… pure. I due piccoli crebbero sani e forti, ma brutti come Rosy Bindi. Quando raggiunsero l’età di vent’anni – Adamo ed Eva avevano allora seicentotrent’anni – diventarono robusti lavoratori e più precisamente Caino un agricoltore e Abele un allevatore di pecore, che aveva imparato a conoscere.
Un giorno che Abele offrì in sacrificio a Dio un grasso montone, Caino si sentì in dovere di offrire il frutto del lavoro di un anno passato a dissodare la terra: tre fragole e un lombrico. Ora, Dio logicamente si incazzò e premiò Abele con l’ingrassamento repentino di tutto il bestiame e gli regalò anche un paio di porci prelevati dall’Eden, mentre con Caino volle tuttavia essere gentile e gli fece piovere dal cielo sei chili di merda di cavallo sul suo terreno, per concimarlo. Caino, che come agricoltore era una chiavica e aveva il senso dell’umorismo di un tartufo si incazzò per due motivi: a) una carrellata di sterco equino non gli sembrava un gran regalo.
b) il regalo aveva sommerso i pomodori appena maturati.
Per questi motivi andò a cercare il fratello, che in quel momento si stava pettinando i capelli con il gel di fave e si lavava i denti con il succo di more. Caino lo spintonò, adirato con lui perché era il prediletto del Signore e quello corrugò spaventato il monosopracciglio e rispose all’aggressione con una badilata sulle gengive, ma lo fece con immensa paura. Caino, che aveva capito che era meglio non spaventare troppo il fratello, che nel frattempo era diventato sempre più timoroso e aveva imbracciato una zappa di titanio, con una mossa fulminea gli sferrò un delicato calcio negli zebedei e gli spaccò la testa con una pietra.
Ore dopo Dio, che aveva visto tutto dall’alto, interrogò Caino:
“ Caino!”.
“ Chi è?” rispose quello.
“ L’idraulico. Ma chi vuoi che sia, pirla?”.
“ Oh, madonna…”.
“ Caino non peggiorare le cose, eh”.
“ Ma perché che ho fatto?”.
“ Dov’è tuo fratello, Caino?”.
“ Ma che ne so? Sarà a giocare con la Playstation…”.
“ Caino, non mi far girare il triangolo. Te lo dico io dov’è: lo hai ucciso perché a lui ho regalato un ricco bestiame e dei maiali mentre a te ho donato dell’ottimo concime per la tua terra.”.
“ Signo’, e che cacchio! A lui i maiali e a me la merda?”.
“ Caino! Tu sarai maledetto: lascerai questa terra e troverai una compagna. Avrai numerosa prole e chi ucciderà la tua stirpe ne renderà conto a me personalmente. Il posto che ti spetta è l’inferno. Ora vai e non tornare più”.
Caino fece i bagagli e si mise in marcia per trovare una compagna, senza capire come potevano esistere altri umani oltre a lui e alla sua famiglia. Poi si scoprì che Dio aveva inviato sulla Terra uno squadrone di cicogne addestrate, e così nel giro di qualche anno il pianeta si era popolato.
Ben presto la popolazione crebbe ed erano tutti simili tra loro e parlavano la stessa lingua.

venerdì 25 febbraio 2011

CAPPUCCETTO GROSSO


C’era una volta una bambina brutta come un peccato grave e intelligente come una pietra pomice, che viveva in un mite villaggio situato in una qualche parte del mondo. Si chiamava Sprugna, ma siccome era solita indossare una mantellina rossa con cappuccio ed era alta un metro e venti, ma larga due, la chiamavano Cappuccetto Grosso. Gli altri bambini cercavano di accettarla, ma quando giocavano agli indiani e ai cowboy a lei toccava sempre di fare la pianta grassa; un giorno la mamma la chiamò e le disse: “ Cappuccetto, porta questo paniere pieno di focacce e vasetti di melanzane sott’olio alla nonna, che è sola e ha l’artrite e per di più abita nel Bosco della Morte Violenta, dove bazzicano i lupi, i vampiri e i politici di destra. Ti prego però di non mangiare tutto come l’altra volta, che hai mangiato il topicida che ti avevo mandato a comprare e poi sei dovuta stare a letto con il mal di pancia che sembravi la bambina dell’Esorcista. E mi raccomando: stai attenta al lupo!”. Cappuccetto, che oltre che orrida era pure scema, sorrise e rispose con un bel “Niente paura” che prometteva solo guai. Infatti non appena arrivò all’imbocco del bosco, le venne fame e svuotò il cestino nello stomaco, vasetti di vetro compresi; una volta entrata nel bosco la piccola idiota si mise a inseguire le farfalle e i ricci, che appena la vedevano scappavano e se avessero potuto l’avrebbero uccisa. A un certo punto Cappuccetto realizzò di essersi persa: “E ora come faccio?” piagnucolò “ Qui il cellulare non prende neanche, porca zozza” continuò.
Al suo piagnucolìo rispose il lupo, che sbucò da un cespuglio e disse:
“Suvvia, piccola e (oddio!) soave creatura, per qual motivo versi amare lacrime sul tuo bel (oddio!) viso?”
La piccola penso: Ma come cacchio parla questo?, ma poi disse:
“Oh caro cagnolino, aiutami perché devo andare dalla nonna che abita al centro del bosco e mi sono persa!”
“Ciccia, modera i termini: io sono un nobile lupo dal pelo grigio, non un pulcioso bastardo! Ad ogni modo, ti indicherò la giusta via: seguì il sentiero alla tua destra, scala la Collina del dolore, attraversa la Palude dei Coccodrilli e infine imbocca il Sentiero delle api Assassine e arriverai sana e salva dalla tua nonna” e detto questo scappò via.
Dopo due ore Cappuccetto stava ancora nuotando nella palude con i coccodrilli che volevano un morso di coscia, mentre il lupo aveva raggiunto la casa della nonna.
TOC TOC.
“Sì chi è?” fu la risposta che venne dall’interno.
“Sono l’idraulico, mi faccia entrare” disse il lupo.
“Oh meno male” disse la nonna “ Meno male, perché ci ho il cesso intasato da un mese e puzza da far schifo” disse la raffinata vecchietta, e aprì la porta. In un secondo il lupo le fu addossò e se la mangiò in un boccone. Poi si mise una cuffia e una camicia da notte, inforcò un paio di occhiali, ed ecco che ora il lupo era travestito da nonna, o, se vogliamo, da Giampiero Mughini in pigiama.
Si mise nel letto e dopo un’ora arrivò Cappuccetto grosso.
TOC TOC.
“Sì chi è?” disse il lupo.
“Sono Cappuccetto Grosso. Apri nonna, che sono riuscita a scappare dai vampiri della collina, dai coccodrilli della palude, dalle api assassine del sentiero, ma i politici di destra mi sono ancora dietro!”.
Quando entrò vide il lupo travestito, ma dal momento che era più deficiente di una pulce con una crisi isterica, non notò la differenza, sebbene era palese che di solito la nonna era più pelosa.
“Nonna, ma che occhi grandi che hai!” disse la bambina quando si fu avvicinata.
“Eh sai, ho cambiato collirio…” rispose scaltramente il lupo.
“Nonna, ma che orecchie grandi che hai!”
Il lupo era offeso, ma resse comunque il gioco: “Ma dai? Sarà che ho ascoltato troppe volte l’ultimo disco di Little Tony…”
“Nonna, ma che mani grandi che hai!”
Il lupo cominciava a stizzirsi, ma rispose: “Sai, con l’età un po’ di gonfiore è normale…”
“Nonna, ma quanti peli che hai!”
Il lupo era sul punto di incazzarsi, ma si trattenne: “Vorrei vedere cosa faresti te, se ti si rompesse il rasoio elettrico!”
Cappuccetto continuò imperterrita: “Nonna, ma che bocca grande che hai!”
“Cappucce’, e mo’ hai rotto le palle” strillò il lupo, e in un sol boccone mangiò Cappuccetto Grosso.
All’improvviso entrò il cacciatore, che come noto a tutti era un ficcanaso e disse:
“Ti ho visto, sai? Ora ti apro la pancia e salvo nonna e nipote!”
Ma il lupo, che era un gran negoziatore, disse in tono persuasivo: “Suvvia, lo sa anche lei, buon uomo, che quelle due erano delle rompipalle… facciamo così, io mi prendo il 30% della pensione della vecchia e lei il 70%, che ne dice?”
Il cacciatore, che aveva sedici figli e prendeva trenta euro alla settimana accettò e andò in trattoria con il lupo.


La mamma di Cappuccetto Grosso fu felice nell’apprendere che la sua figlia buona a nulla era morta e adottò un bambino prodigio che scoprì la pietra filosofale e la coprì d’oro.

I bambini amici di cappuccetto grosso furono molto addolorati dalla scomparsa della piccolina, ma poi trovarono un cactus vero e si dimenticarono di lei.

La nonna ora vaga sotto forma di anima in pena nel bosco e viene tormentata dai politici di destra ogni martedì sera.

Cappuccetto Grosso era talmente odiata che ora vaga nelle paludi del bosco e ogni tanto un coccodrillo ingoia il suo spirito.

Il lupo ha firmato un contratto con la Hanna e Barbera Production e sarà il protagonista di Lupo De Lupis- Il film.

Il cacciatore ora vive da nababbo e spara alle quaglie incinte.

Ad ogni modo, vissero tutti felici e contenti. O quasi.

giovedì 3 febbraio 2011

CHI E' NONNO ASDRUBALE?


Prima di addentrarci nel vivo dei racconti sarebbe d'uopo (non ho idea di cosa significhi, ma fa tanto intellettuale d'altri tempi) conoscere qualche dettaglio su chi li ha resi noti: Nonno Asdrubale (che potete ammirare nella foto a lato, scattata in un momento di ilare attività mandibolare). Classe 1647, Nonno Asdrubale nasce come parto della fantasia di un soldato francese ricoverato in un letto d'ospedale in seguito ad una baionetta infilata con rara forza e ferocia nelle natiche, il quale si immaginò, in preda al delirium tremens, di dialogare con un vecchio calabrese. Tale fu l'intensità di tale delirio che l'allucinazione prese vita e nacque il simpatico geronte. Emigrato ben presto nella terra cui, secondo la fantasia del soldato, Nonno Asdrubale apparteneva di diritto, intraprese la carriera di moderno cantastorie. Dal 1650 in poi lo si può trovare nell'osteria "Turricchiu" di Fasano Calabro mentre racconta storie a cui non crede nessuno, essendo tutti consci dell'attitudine a sparare cazzate del simpatico vecchietto. Tuttavia l'esimio filosofo Arrigo Sacconi, intellettuale del paese, ha sempre sostenuto che nei racconti di Nonno Asdrubale ci sia un fondo di verità, ma non gli fu mai dato credito e anzi qualcuno si diverte tuttora a prenderlo a sassate quando lo vede. Povero Sacconi. Ma questa è un'altra storia. Bisogna tenere presente che data la sua lunga vita, Nonno Asdrubale ha un gigantesco bagaglio di esperienza, sebbene siano oltre tre secoli che non lascia la sedia pieghevole su cui siede davanti all'osteria e circolano strane leggende circa il fatto che oramai si sia fuso con l'oggetto in questione, ma in compenso conosce molte storie che lui afferma essere vere e la maggior parte sono le reali (a detta sua) versioni di racconti famosi, che lo stesso nonno asserisce di avere inventato. Sono poi stati altri a rubarglieli. Dopo questa breve introduzione siete ufficialmente pronti per il primo racconto, ma tenete presente che io li sto solo riportando, se siete della SIAE vi prego cortesemente di farvi i cazzi vostri.